Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

lunedì 24 ottobre 2016

Dedicato.

Grazie al Premio Stresa di Narrativa per la Targa Speciale della Giuria dei Critici 2016 assegnata ieri sera a "Infiniti passi" (Salvioni Edizioni, rappresentate per l'occasione da Massimo Gabuzzi che mi accompagnava). Targa che io riassegno a voi: che siete dentro "Infiniti passi", che avete dato vita a "Infiniti passi", e che siete dentro tutte le guerre che ho visto e raccontato. Che vedo e racconto. Che siete. Dentro. Le guerre. Dentro le guerre. E che le fuggite. Siano, queste parole messe una in fila all'altra nel libro, un atto di resistenza contro lo strapotere dell'ipocrisia. Quella di chi vorrebbe fermare la guerra senza che gli. O che le. Risulti. Di chi vorrebbe fermarla da lontano, per dirla tutta. Per capirla (e per fermarla) una guerra la devi mettere dentro il tuo sangue. Devi starci dentro. Senza attendere che qualcuno ti dia il permesso di entrarci. "Infiniti passi", dopo Stresa, appartiene a chi è ancora dentro la guerra, a chi la sta fuggendo, a chi l'ha fuggita e a chi ha dato la vita per raccontarla. Ai colleghi che hanno dato la vita per raccontarla. Lontani dai riflettori. E a chi, dentro le guerre, mi ha raccontato la sua vita. Amici. Tutti. Quanti.

(c) 2015 weast productions

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venerdì 21 ottobre 2016

Il senso del taccuino.

Domani nel Senso del taccuino sulla Regione: "Di un piccolo vigile". Qui di seguito il consueto estratto:


C'è un bambino in mezzo alla strada, quanti anni avrà? Sette? Fai sette. Non può averne di più. È in mezzo a un crocevia, con i piedi piantati per terra. Indossa una divisa bianca: pantaloni e giacca. Ha anche un cappello, bianco. Si sbraccia, ma nemmeno tanto. Compie gesti precisi e misurati, sempre gli stessi, geometrie. Sta lavorando. Esprime autorità. Le auto si fermano quando il piccolo alza il braccio sinistro, mentre il destro, rivolto in un'altra direzione, fa su e giù, ripetendo più volte l'escursione di novanta gradi, la stessa ogni volta, al millimetro si direbbe: le auto ferme in attesa, alla vista di quel braccio si rimettono in movimento e passano oltre il crocicchio. Qualcuno deve averlo messo lì, quel moccioso, è la prima cosa che viene in mente. Messo lì a fare il vigile, in una città che non ha più nemmeno poliziotti, scappati chissà dove oppure a casa a dormire, una città che non ha più un governo, che non ha più leggi di fronte alle quali provare rispetto, che non ha più ordine.

mercoledì 19 ottobre 2016

Grazie ai nuovi amici di Zurigo.

Grazie a tutti gli studenti, ragazze e ragazzi, e al pubblico per essere venuti ad ascoltarmi, ieri sera, all'Università di Zurigo. Ho imparato molto, dalle vostre domande e dalle vostre riflessioni. Se non chiudevano l'Uni, a quest'ora eravamo ancora lì a discutere. Grazie a chi mi ha invitato e ha organizzato l'evento: l'Associazione studenti ticinesi a Zurigo, i Giovani giuristi, la Pro Ticino di Zurigo, nella persona di Carla Ferrari. Grazie.

























venerdì 7 ottobre 2016

Il senso del taccuino.

(c) 2016 weast productions

Domani, nel Senso del taccuino sulla Regione: "La lavanderia a gettone". Qui di seguito il consueto estratto:

Strani posti, le lavanderie a gettoni: molto spesso perfettamente silenziose, a parte il ronzio delle lavatrici. In realtà, non attendono altro che di diventare ciò che già sono: zone franche del racconto. Chi, con aria annoiata, sembra aspettare la fine del lavaggio o dell’asciugatura, non aspetta altro che di raccontarsi. Serve soltanto una spinta. Poca cosa. “Raccontami la tua vita”. È impossibile prevedere cosa ne verrà fuori. 

martedì 4 ottobre 2016

In memoriam. Perché vale la pena. Vale la morte. Forse anche quella.

Ricordare un collega. Jeroen Oerlemans. Che non c'è più. Uno che ha lasciato la vita per raccontare il mondo. Ho atteso due giorni, per scrivere questo post. Ho pensato che forse ha ragione Don McCullin, nel documentario che ne racconta la vita di reporter, a dire che non ne vale la pena: morire per raccontare il mondo. Ci ho pensato due giorni e ho concluso che invece vale la pena. 

Ricorderò Jeroen Oerlemans, fotoreporter olandese ucciso a Sirte (Libia) due giorni fa (da un maledetto cecchino dell'Isis): lo ricorderò venerdì prossimo a Losanna, in occasione di una conferenza presso il CHUV, Ospedale universitario della città, che mi ha invitato a parlare di "incertezza". Facciamo il nome: Jeroen Oerlemans. Il pensiero di Faccia da reporter è con la sua famiglia.