Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

martedì 31 maggio 2016

"Infiniti passi" a Grono.

Domani sera, mercoledì 1° giugno, presenterò "Infiniti passi" alla Biblioteca di Grono. Ore 20.15. Vi aspetto con grande piacere.


venerdì 27 maggio 2016

Il senso del taccuino.



Domani nel Senso del taccuino sulla Regione: "Un'indefinibile testardaggine". Qui di seguito il consueto estratto:

Le immagini della realtà non sono mai sole. Spesso, ne portano con sé altre, già viste. Portano racconti. Come questa fotografia: porta una storia che non c’entra nulla con lei. Diciamo che l’ha risvegliata.

Aveva dato il meglio di sé. Nel senso di una indefinibile testardaggine. Oh sì. Non sarebbe esagerato e nemmeno fuori luogo aggiungere: di vivere. Una testardaggine di vivere. Un poco di buono, mai: questo mai. Mai stato. Forse soltanto per pochi mesi. Gli piacevano le macchine, ecco. Dov’è il problema? Gli piacevano le macchine degli altri. Era innamorato delle otto cilindri e specializzato in sistemi antifurto elettronici sorvegliati dal satellite. Da bambino, gli avevano spiegato che Dio vede tutto. Aveva cominciato a maturare i primi dubbi a otto anni. A nove aveva aperto senza chiavi la serratura della si fa per dire sua prima auto. Una vecchia Range Rover nera senza nessun tipo di allarme. Dio non aveva battuto ciglio. A dieci, i dubbi erano spariti: quando lui apriva le macchine, Dio, se c’era, guardava altrove.

domenica 22 maggio 2016

Vi aspetto a Tesserete.

Martedì 24 maggio vi aspetto a Tesserete. Ore 18.15, Palazzo Comunale. Per compiere, insieme, qualcuno degli "Infiniti passi" e per mettere tutti quanti, sul mondo, uno sguardo capace di resistere. A che cosa? A chi? Lo scopriremo insieme.


venerdì 20 maggio 2016

Infiniti passi a Ecolibro.

Domani, sabato 21 maggio, sarò ospite della libreria Ecolibro a Biasca, per firmare "Infiniti passi" e discutere con chi vorrà passare. Dalle 14.00 alle 17.00. Grazie per l'invito. Vi aspetto con grande piacere.


Grazie.

Grazie alla Libreria locarnese per l'ospitalità, giovedì sera, e per avermi dato l'opportunità di presentare al pubblico "Infiniti passi". E grazie al pubblico, che è stato ad ascoltarmi.







lunedì 16 maggio 2016

Quando parla Giles.

Giles Duley racconta The power of a story a TED. Giles, che è un caro amico fotoreporter, ha pubblicato recentemente il volume fotografico "One Second of Light". Il link è QUI.

sabato 14 maggio 2016

"Infiniti passi" a Locarno.

Vi aspetto giovedì 19 maggio alle 18.00 presso la Libreria Locarnese (a Locarno). Per compiere, insieme, qualcuno degli "Infiniti passi" raccontati nel libro.


venerdì 13 maggio 2016

Il senso del taccuino.



Domani nel Senso del taccuino sulla Regione: "Fare finta di vivere". Qui di seguito il consueto estratto:

Nuovo paragrafo. Entra in scena Pezza. Chiamavano Pezza quello con un occhio solo. Essendo l'altro (nel senso di occhio) morto, non operativo, spento. Ooohspento, e ricoperto da un pezzo di stoffa. Basta una minuscola, microscopica scheggia di metallo per spegnere. Gli occhi. I polmoni. Il cuore. Il fegato. Anche il fegato. Yes, sir. Andavano avanti con dieci parole inglesi. Non che ne usassero molte di più, nella loro lingua. A proposito di occhio: quello sinistro, nel caso di Pezza, spento come una sigaretta. «Hai detto: sigaretta?», disse l'altro. Che chiamavano: Filtro. Quello che «l'ossigeno fa male». Meglio il catrame, che si deposita sui polmoni come una benedizione. Fumava da quando aveva quattro anni. Anche lui, come Pezza: armato. E come Tappo: armato. Banda di fessi. Stronzi. Si può dire? Si può dire: stronzi? Si deve. Si deve dire. Filtro spinse giù una boccata. Di fumo. Sostengono che lo sport fa bene. Di un bene. Lo facciano gli altri. E fare la guerra? Cosa fa? Se facesse così male, ci sarebbe ancora uno, disposto a farla? Dicono che al mondo c'è più gente che fa la guerra che gente che fa l'amore. Vuoi vedere che? Che? «Vuoi vedere che aveva ragione, anni fa, quello che mi aveva chiesto di confessarmi?», disse Filtro. 

(© 2016 weast productions / riproduzione o linking soltanto con l'espresso consenso dell'autore).

giovedì 12 maggio 2016

Grazie!

Grazie al numerosissimo pubblico che ieri sera, a Casa Astra a Mendrisio, è venuto a scoprire "Infiniti passi". Mi spiace per chi non ha trovato posto ed è stato in piedi, e soprattutto per chi non è riuscito a entrare. Promessa: alla prima occasione torno. Con tanto affetto. Senza di voi il mio lavoro non esiste. 










martedì 10 maggio 2016

Presentazione.

Domani, mercoledì 11 maggio alle 18.30 presso la Casa Astra 
a Mendrisio (Via Antonio Rinaldi 2), presenterò /presenteremo
 "Infiniti passi". Vi aspetto con grande piacere.



sabato 7 maggio 2016

La Storia scriverà.

© 2016 / weast productions

Nessuno potrà dire: non sapevo. Quando i libri di Storia scriveranno – diosantissimo se lo scriveranno – che nemmeno abbiamo chiuso gli occhi: siamo stati a guardare e basta. E che anzi ci ha presa una paura brutta, giustificabile diranno, e a ragione, eppure così sproporzionata alla sofisticatezza della società nella quale viviamo e dei mezzi (dei mezzi per fare tutto: togliere e ridare la vita) di cui disponiamo. Scriverà, la Storia, che abbiamo accettato di ascoltare quelli che urlano più forte, quelli con il fiato pesante, quel fiato che ti schiaccia come una cicca. Scriverà che abbiamo definito il loro agire “politica” e concluderà che abbiamo sbagliato. Aggiungendo, nel riflettere anche su sé stessa, che in quanto Storia non fa che ripetersi. Scriverà che abbiamo pronunciato parole di benvenuto nei confronti di discorsi sconsiderati e disumani, smarrendo così la nostra umanità. Che abbiamo piegato il nostro pensiero alla foga vuota di coloro ai quali questo stesso nostro pensiero era inviso, perché lo temevano, e come tale lo hanno combattuto. Pensare è un atto di libertà. Di resistenza. Non è nemmeno colpa loro: ciascuno decide dell'esperienza del mondo che desidera compiere. C'è chi ne è sprovvisto. Abbonda (fra parentesi) questa assenza di esperienza del mondo fra chi urla. Fra chi urla frasi monche.

La Storia scriverà che ce la siamo fatta sotto di fronte a qualche teppistello criminale che improvvisamente ha manifestato la sua codardia imbracciando un fucile o facendosi saltare in aria. La Storia scriverà che non abbiamo avuto il coraggio di guardarli in faccia, questi perdenti, che non abbiamo avuto il coraggio di andare fino in fondo, per capire da dove vengono e come si possono neutralizzare. Che non abbiamo avuto il coraggio di combatterli restando liberi, restando persone libere, non da prostrati. Combattere: va bene questa parola. La Storia scriverà che abbiamo preferito delegare la nostra resistenza a qualcuno che nemmeno conosciamo, anche se lui (o lei) conosce tutto di noi. E magari non conosce niente (o troppo poco) di quelli che deve combattere per davvero. La Storia scriverà che abbiamo smarrito il coraggio che deriva dal nostro restare umani. Il coraggio di combattere i criminali sgangherati e perduti e perdenti chiamati terroristi e il coraggio di conservare il senso che ci lega all'altro. Agli altri. Quelli, si capisce, che questo senso lo meritano.

La Storia scriverà che di fronte al bombardamento del campo profughi di Idlib (venerdì 6 maggio, di pomeriggio), nel nord della Siria, a due passi dal confine con la Turchia, siamo stati zitti. Sono stati zitti i politici che sempre urlano. E zitti i politici che diversamente si prendono (e sembra piacergli) l'etichetta di buonisti. Zitti come randagi con la coda fra le gambe. Zitti tutti. Trenta morti, fra i quali donne e bambini, con le prove provate delle immagini (quelle che vi – signore e signori politici, ma non soltanto, signore e signori e basta – piacciono così poco, perché parlano, le immagini parlano). Zitti. Non c'era nemmeno, in quel disperato campo profughi di disperati che non hanno chiesto nulla, zero, zero, zero, all'Europa, che non hanno chiesto che di restarsene lì, in quel posto maledetto e fetido, e lo scrivo perché so di cosa parlo, non c'era nemmeno un medico pediatra da trasformare in martire. E sul quale scrivere articoli densi di retorica, fate pure di melassa. Da metterci la firma in grassetto, sotto l'articolo, da costruirci sopra una terrificante e vergognosa autocelebrazione giornalistica. Non c'era nessuno da celebrare, fra quegli sconosciuti e povericristi. Nulla da celebrarsi.

Erano tutti sfigati. Una bel gruppo di sfigati. Finiti in cenere. Cosa vuoi che sia? La cenere. La Storia scriverà di questa cenere. E chiamerà tutti noi a risponderne. Cosa diremo a chi leggerà le pagine a venire? Che non c'eravamo? Che stavamo trascorrendo il ponte dell'Ascensione? Che stavamo guardando una partita di calcio? Seguendo una delle infinite migliaia di ore dedicate (concesse) allo sport in televisione? O le ore concesse (come si fa?) alle previsioni del tempo? O (come si può?) alle notizie sul traffico? Sempre aggiornate quelle. Minuto dopo minuto. Una macchina incolonnata dopo l'altra, su questa o su quell'altra autostrada.

E i morti, signore e signori? E. I. Morti? Non nel senso di morti. Nel senso di quello che i morti sarebbero potuti diventare nella vita. La loro, si capisce. Non la nostra. Che, per dirla come va detta, e va detta per una volta, se ne fotte. Chi sarebbero diventati, i bambini morti? Non soltanto a Idlib. Ad Aleppo, anche ad Aleppo, sotto le bombe, le bombe di tutti, del regime e degli altri, che sia chiaro. Chi sarebbero diventati? Pediatri? Magari pediatri. Avvocati? Magari avvocati. Meccanici. Magari meccanici? Madri? Magari madri. Qualcuno darà, un giorno, in televisione o alla radio, la conta precisa, minuto per minuto, dei morti ammazzati nelle guerre?

La resistenza contro chi ci ha portato la morte (la morte nelle città d'Europa) non deve passare attraverso la nostra deumanizzazione. Io penso questo, per lo zero che valgo. Io voglio combattere i mocciosi criminali e bastardi che hanno portato e vogliono portare la morte in Europa. So come farlo. So che va picchiato duro. A volte va picchiato duro. Nel farlo, tuttavia, non voglio – e mi batto affinché ciò non avvenga – smarrire il mio essere umano. Umano nei miei confronti. E nei confronti degli altri. Nei confronti della Storia. Del giudizio che essa darà: di me e di tutti noi. E, per prendere dei morti a caso, nei confronti dei morti di Siria. Si alzi uno, uno dei politici nato nel mio stesso paese, e dica: basta. Lo dica. Dica: basta. Basta. Basta morti. 

(© 2016 weast productions / qualsiasi riproduzione o linking autorizzati soltanto con l'espresso consenso dell'autore).