Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

lunedì 8 settembre 2014

Che vita. Meravigliosa.

Il britannico Guardian si chiede, nell'edizione di oggi, se dopo l'assassinio di James Foley i reporter di guerra debbano chiedere maggiore protezione. Scopro, nel filmato che i colleghi propongono sul loro sito, uno scatto che mi ritrae. Per vederlo cliccare QUI, la sequenza è all'inizio e poi da minuti 2.01. Fa un effetto pazzesco. Mi ricordo la situazione come fosse un minuto fa: la terrazza dell'Hotel Corynthia a Tripoli, Libia. Ero al telefono, con il coordinatore della ricezione dei servizi via satellite che tutti chiamiamo Della, un deus ex machina della RSI (Telegiornale). Improvvisamente la terrazza è investita dal fuoco dei cecchini: con i colleghi presenti cerco un qualche riparo e mi ricordo - mi ricordo - del fotografo che ha fatto click: come fosse un minuto fa. La foto salta fuori oggi, segnalatami da qualcuno al telefono. Risveglia un racconto mozzafiato (per me, si capisce), con le sequenze che fanno quasi a botte per essere riviste per prime: ad esempio quella di un servizio mandato sotto il fuoco (di chi? e: di nuovo), che minacciava la zona dove era parcheggiata la camionetta con sopra, sul tetto, l'antenna per l'invio del pezzo, dentro c'era un greco pazzo che parlava di guerra nei Balcani fatta tutta, dall'inizio alla fine, con la stessa camionetta, e diceva che le pallottole libiche a lui non gli facevano nemmeno solletico. O la sequenza di una pallottola entrata nella mia stanza nello stesso Corynthia, che si è conficcata nella testiera del letto e mi ha sfiorato lo stomaco di un millimetro, mentre stavo seduto al tavolo e montavo un servizio per il TG della sera. Da quella notte ho dormito per terra, riparato alla meglio dal giubbotto antiproiettili e dal casco. Cosa avrei dovuto fare? Chiamare gli americani, che mi proteggessero? Chiedere che mettessero un carro armato accanto al mio letto? Che mi sorvolassero sopra la testa con un elicottero? Se me lo avessero chiesto, quelli del Guardian, visto che hanno utilizzato la mia immagine, avrei risposto alla loro domanda che non ci serve maggiore protezione. Perché significherebbe essere controllati. Da chi comanda, da chi parla (troppo), da chi cerca i riflettori per sparare frasi senza senso e senza contenuto, da chi dice io senza che ci sia qualcuno dietro, da chi vuole farti credere che il mondo va così. Quando non va così. Da chi c'entra anche se dice che non c'entra mai. Che vita. Meravigliosa. Così com'è: esposta ai rischi e alla realtà vera. E libera. Che  non è dire dire poco, oggi. Altro capitolo, che affronteremo successivamente: il rapporto fra grandi testate (media) e reporter indipendenti (freelance). In attesa dell'esposizione presso SpazioReale a Monte Carasso. 

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