Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

venerdì 27 giugno 2014

Il senso della biro.


© 2014 weast productions
Domani, nel Senso della biro, pubblicato su Faccia da reporter, il primo appuntamento dell'estate: Muso a muso. Qui di seguito il primo estratto (che da oggi definiremo: il solito estratto).  

Pensava a come siamo fatti. E per la prima provava un senso di pace. Detta così, questa parola non ha senso. Non ha un sinonimo e non ha un contrario. È una sospensione del pensiero. È un buco nero nella vita di tutti i giorni. I suoi amici avrebbero detto che è una stronzata patetica. I suoi amici. Dov'erano, ora? Quelli che aveva sempre chiamato “fratelli” non aveva nemmeno voglia di pensarci a dov'erano, perché di sicuro non lo sapevano nemmeno loro. Gli altri erano delle femminucce che al primo soffio di vento (al primo botto vero) se l'erano data a gambe: andassero a farsi fottere loro e tutti i soldi che avevano, li seguissero pure i genitori, che c'erano sempre stati, nell'ombra, soprattutto quando le cose si mettevano male, sentivi che c'era qualcuno che quelle mezzeseghe di “amici” li avrebbe tirati fuori dai guai al momento giusto, magari l'ultimo, quando tutto stava per spaccarsi, arrivava il paparino di turno e zac, con il pollice e l'indice abbronzati ripescava quel suo figlio rincoglionito che stava per combinare un grosso guaio, forse uno di troppo, e se lo riportava a casa. Avere amici ricchi ti mette sempre addosso un'inquietudine uguale a una sensazione di freddo: non ti puoi fidare, perché male che vada, per loro andrà meglio di quanto andrà a te. Pensava che era energia buttatta: pensarci. E siccome la testa gli stava andando a mille, e siccome aveva la sensazione di arrivare dove non era mai arrivato con il pensiero, e siccome capiva che avrebbe visto cose che non aveva mai visto, e siccome era messo com'era messo, e siccome comunque non l'avrebbe rimpianto nessuno, e siccome lui di genitori non ne aveva (:più), e siccome un attimo prima gli veniva da piangere ma adesso stava meglio e anzi respirava con un po' di affanno ma tranquillo, e siccome quasi quasi avrebbe sorriso, e siccome cazzo che caldo che faceva, e siccome come la fermo la testa adesso? Calmati. Cosa vuoi che ci vuole a morire? È questione di tempo. Poco. Tieni duro. E siccome gli spiaceva il fatto che stava crepando d'estate, si era tolto anche l'estate dalla testa. Non voleva rovinarla a nessuno. Pensava soltanto che era lì, per la prima volta davvero muso a muso con sé stesso. Muso a muso gli piaceva, come espressione. 

lunedì 23 giugno 2014

Il senso della biro.

© 2014 weast productions
Il senso della biro è l'estate del Senso del taccuino, quello che un sabato sì e uno no pubblica La Regione quando la gente, invece di andare in spiaggia, la lavura. Il Taccuino è come un figlio (lo lasceresti mai solo?) e la Biro è anche il modo per dare seguito ai molti lettori che mi hanno chiesto di continuare a leggere in spiaggia quei quattro pensieri, or let's say quei racconti affidati a una pagina di giornale. Il senso della biro è l'immagine affidata alle parole, che per una volta se la tirano un po' meno e fanno quello che devono fare: spazio. Spazio all'immagine, al racconto della vita come ce la troviamo davanti ogni giorno. Fino a settembre lo troverete qui. Con una novità: ci saranno due numeri settimanali, uno il martedì, uno il sabato. In attesa di rileggerci sulla carta stampata. Il senso della biro è l'idea che se hai una penna in mano puoi scrivere il mondo: controcorrente, please, se la cosa riesce! Da più di un angolo di questa palla rotonda e fintamente stabile: il mondo, che non si racconta mai abbastanza. È, questa, la sola pensabile (per me, si capisce) barricata alzata in mezzo alla vita: che intanto la vita, la vita la fa quel che la vör. Vuoi mettere non raccontarla? Per seguire su Twitter: #IlSensoDellaBiro.
La fotografia riportata è il ritratto notturno della Donna cannone, raccontata in un Taccuino che aveva per titolo Due fratelli nel sonno. Per la cronaca. E, diciamolo pure, per la vita.   

venerdì 20 giugno 2014

Il senso del taccuino.

© 2014 weast productions

Domani nel Senso del taccuino sulla Regione: "La storia, con la minuscola". Qui di seguito il solito estratto dell'ultimo Taccuino prima della "pausa" estiva:

È trascorso un po' di tempo, appunti sul taccuino di qualche anno fa. Il bambino all'ospedale, che sembra trattenere il fiato e invece no, non respira, perché mezz'ora prima aveva trovato uno strano oggetto per strada, gli aveva dato un calcio e la granata, lasciata lì da chissà chi, era esplosa. L'uomo d'affari a cui Saddam aveva rovinato la vita e che visita la prigione dove lo avevano messo sotto chiave e trattato peggio di una bestia. Giustizia non sarà mai fatta. Il mercato dei libri, con gli iracheni chini sopra migliaia di volumi, tutt'attorno il silenzio, da sentire le pagine girare. Il giovane artista con due tele “proibite”, che preferisce regalare all'occidentale in visita perché ha dipinto due figure che ricordano vagamente due corpi femminili discinti, in realtà assomigliano ad angeli sospesi nell'aria, bellissimi: “se li trova mia madre, le prendo”. La famiglia in centro a Bagdad con la macchina crivellata di proiettili, quello strano sorriso sul volto della donna. Che cos'è? Felicità, paura, oppure entrambe, colte dal sesto senso di una madre? La consapevolezza, rinvenibile ovunque, di qualcosa che è andato storto. La tragedia, vissuta come un destino ineluttabile. La vita, proprio quella, che fa sempre quello che vuole lei. Decide lei per tutti.


venerdì 13 giugno 2014

In morte di un fotografo iracheno.

Il fotografo curdo-iracheno Kamaran Najm Ibrahim è stato ucciso oggi nella città di Kirkuk mentre documentava gli scontri fra le forze curde e i miliziani jihadisti del gruppo radicale ISIS. Aveva fondato, con un gruppo di amici, MetroGraphy, la prima agenzia fotografica irachena. Aveva scritto: "Nella mia qualità di fotografo iracheno attivo in Kurdistan devo scattare immagini di guerra. Ma so anche che ci sono altre immagini da realizzare, ci sono momenti che dobbiamo fermare per la storia di questo Paese. Mi chiedo: dov'è finita la bellezza?". Faccia da reporter vuole ricordare questo ragazzo facendo il suo nome: Kamaran Najm Ibrahim. Un articolo dedicato a Kamaran su Time LightBox, cliccando QUI.

venerdì 6 giugno 2014

Il senso del taccuino.

© 2014 weast productions
Domani nel Senso del Taccuino sulla Regione: "Due fratelli nel sonno". Un racconto dalla guerra e la storia della Donna cannone sul treno. Qui di seguito il solito estratto:

Sul foglio del taccuino c'è scritta una frase, in inchiostro nero, che non ricopre tutte le lettere, alcune sono raschiate sulla carta e non hanno colore. Strano, perché la penna era piena. Sono leggibili anche le lettere senza inchiostro. Cicatrici. Quando frequentiamo i margini tormentati della realtà ce ne torniamo a casa con strane immagini. È normale. Lo facciamo quando rientriamo nei ranghi, quando l'elastico si rilassa dopo averci riportati in una sorta di mondo di mezzo, dopo averci impedito, non spezzandosi, di restare là. Ad esempio, là dove erano uscite quelle parole consegnate a un foglio di carta, così in fretta che l'inchiostro non seguiva. Chiamarle, ora, “cicatrici” è un modo per dare un senso a ciò che ha soltanto un significato. Dare un senso è molto di più: è la certezza che ciascuna lettera scritta su quella pagina di taccuino contenga anche la vita di chi l'ha scritta. Molto spesso l'operazione di “dare un senso alla realtà” sprigiona un'immagine. Quella delle parole raschiate che diventano “cicatrici”.