Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

venerdì 28 febbraio 2014

Il senso del taccuino.

© 2014 weast productions
Domani, sabato, sulla Regione nel Senso del taccuino: "La macchina del tempo". Ultimo (per ora) dispaccio dall'Ucraina. Qui di seguito il (solito) estratto:

Stare sotto il fuoco di un cecchino non è facile. Lui ti guarda in faccia da lontano e tu non sai nemmeno com’è fatta la sua. Se ha la faccia da bastardo oppure quella del tuo vicino di banco, la domenica in chiesa, o la faccia di uno da cui accetteresti un passaggio di notte. “Adesso, però, ci diamo tutti una bella calmata e andiamo avanti”. Ricopio le parole di Max dal taccuino appoggiato sul tavolo della cameretta che affitto da una giovane copia di ucraini: attraverso il muro provengono il suono del televisore che tengono sempre acceso, appesi alle ultime notizie, e le note di un pianoforte appena più udibili, musica classica che iniziano ad ascoltare il mattino e, quando torno a casa la sera tardi, il disco è ancora lì che gira. Anche adesso, che è quasi l’una di notte. Sono stati anche loro sul Maidan, la Piazza dell’Indipendenza di Kiev, avvolti da un freddo feroce e dalla paura di essere investiti dalle pallottole. Anche Max ha avuto paura, ma non si è spostato di un metro quando sulle barricate sono piovuti i primi proiettili dei cecchini. Ha scattato un’immagine dopo l’altra con la sua macchina fotografica. Una macchina del tempo che si è sintonizzata sul tempo del Maidan: uno strano tempo, che è sembrato a tutti venuto fuori da un film. Con i suoi personaggi.

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