Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

giovedì 15 agosto 2013

Un caffè nel coprifuoco. E sei nato al Cairo.


Ci vuole poco a fare a pezzi un paese. Vedi l'Egitto. Mi stupisce, poi, constatare un fatto, non per la prima volta: come siamo propensi, noi esseri umani, ad assorbire qualsiasi cosa ci venga detta. E a crederci, fino in fondo, fino a trasformarla nell'ultimo pensiero prima di addormentarci. Vale per tutti, qui in Egitto, Fratelli musulmani e chi li sostiene, militari e chi li sostiene.
Camminare nelle strade vuote di gente e automobili dopo il coprifuoco mette i brividi. È un po' come quando, da bambini, ce ne andavamo in giro al buio e qualcosa di irresistibile ci faceva girare la testa, guardarci alle spalle, immaginarci qualcuno (un mostro, una presenza cattiva) e via a correre tutti. Non si corre in una strada con il coprifuoco se non vuoi finire impallinato, ma con tutta l'esperienza di questo mondo, con tutte le strade buie e deserte che uno si è fatto a piedi, un brivido alla schiena non te lo toglie nessuno. Giri l'angolo e trovi un caffè aperto: il televisore è acceso e trasmette propaganda, tre uomini bevono il tè e succhiano tabacco da un narghilé. Ti fermi a bere un tè e quasi ti senti nato al Cairo. È a questo punto che, nonostante tu sia venuto per testimoniare e raccontare, ti viene addosso una sorta di magone: ti dispiace per questo paese, per la sua gente, per quello che sta succedendo. E cristo, ti dici, sarebbe così facile uscirne, ancora, vivi, quasi tutti, e quasi tutti interi. E invece no. Perché l'essere umano è fatto così.
Coprifuco: in Egitto si dice che quando c'è il coprifuoco, la gente esce di casa per vedere che cos'è. È successo, nei due anni scorsi, soprattutto quando era un coprifuoco imposto in alcune aree del paese. Questa volta è diversa. Tutti in casa.
Oggi un mio caro amico mi ha detto: l'Egitto ha bisogno di sviluppo e di democrazia. Dobbiamo decidere con che cosa iniziare. E non sono sicuro che mettesse la democrazia al primo posto. Il problema è che uno implica l'altra e viceversa.
I giornalisti vanno in un posto per raccontare quello che succede, poco importa che cosa sia e quanto pericoloso sia. Quindi, dice qualcuno, se la cercano. Il Blog, che combatte questa visione facilona del mestiere, vuole ricordare, oltre ai morti fra ieri e oggi, anche i colleghi giornalisti uccisi al Cairo. Non se la sono cercata. Hanno fatto il loro lavoro. E il loro dovere. 

1 commento:

  1. Mi spiace, mi spiace per tutti gli abitanti dell'Egitto, e anche per tutti i giornalisti che ci "vanno di mezzo" per fare il loro dovere con coscienza e professionalità, mi spiace di essere stata buona profetessa quando dicevo che i militari al potere mi fanno paura, paura per la democrazia, paura per la libertà di espressione, paura anche per la libertà di religione (non che i Fratelli musulmani siano meglio su questo fronte, ma tant'è ...). Per quale assurda reazione chimica il potere corrompe così tanto chi ne entra in possesso? Perchè solo così mi posso spiegare che i militari abbiano fatto fuoco sulla folla per disperdere dei sit-in. E' mai possibile che non esista un linguaggio comune che permetta di evitare stragi inutili, spreco di vite umane di tutte le età, sesso, appartenenza politica e via dicendo ...
    Qualcosa mi dice che l'unico modo per debellare questo terribile virus che colpisce chi sta al potere (ma anche quelli che il potere lo inseguono ad ogni costo) consista nell'estinzione della razza umana, perchè purtroppo è un virus di cui tutti siamo portatori (sani? boh!), per cui siamo come il cane che si morde la coda, in un circolo vizioso: chi sta al potere ne abusa, viene rovesciato, e chi prende il suo posto rifà gli stessi errori (e a volte anche di nuovi) all'infinito!
    Quello di cui non mi capacito è la strage di giornalisti alla quale si sta assistendo da alcuni anni a questa parte (vero è che il pass con scritto "Presse" non è equiparabile ad un giubbotto antiproiettile), ma sembra proprio che i giornalisti, i cameraman e i fotografi siano diventati come quei bersagli che danno tanti punti nei giochini elettronici, più ne abbiatti più punti (potere) raccogli; e non importa se il giornalista in questione stava facendo un buon servizio obbiettivo proprio sulla tua fazione politica (o gruppo etnico o religioso), importa solo "guadagnare quei punti" abbattendolo. Il problema vero e grosso, oltre allo spreco di vite umane, è la riduzione delle voci che ci raccontano la verità, perchè quelli che finiscono in quelle situazioni sono generalmente i bravi giornalisti, quelli che vogliono andare a fondo, a vedere con i loro occhi e sentire con le loro orecchie cosa succede veramente, che non si accontentano dei vari comunicati ufficiali emessi dai contendenti (sempre di parte); così restano solo quelli che invece si accontentano, che si dicono "non dovrò mica andare a rischiare la vita solo per verificare se questa informazione è corretta o se si tratta di pura propaganda". Peggio per i bravi giornalisti, ma anche peggio per noi che ci dobbiamo fidare di quelli rimasti per avere una sia pur vaga idea di quello che succede fuori dal cortile di casa nostra.
    Chiudo questo mio sfogo augurando all'Egitto di trovare una sua via per una democrazia buona per l'Egitto e gli egiziani, il che non vuol dire che deve essere ricalcata paro-paro da quella occidentale (che detto per inciso proprio perfetta non è che lo sia neppure quella!!).

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