Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

sabato 17 agosto 2013

Quattro sfigati. Anzi cinque.

Nel giardino dell'albergo dove abito al Cairo sono seduti quattro sfigati. Cinque con me. I camerieri si muovono con l'entusiasmo degli ergastolani, qualcuno sembra appena rientrato da un turno di lavori forzati. Per non parlare di certe facce da braccio della morte (toccando ferro).
Passiamo agli ospiti. Uno mi gira la schiena e sussurra cose mielose dentro un iPhone alla - si spera - fidanzata dall'altra parte del filo (si dice, con un telefonino?). Il cell gli scivola dalla morsa fra spalla e mascella e gli va a finire proprio lì, sulla cerniera dei pantaloni, diciamolo: fra le palle. Fa per ripigliarlo e si dà una botta pazzesca. Cade anche la chiamata, diosantissimo.
Passa un altro con le Hogan ai piedi, che ha capito zero di quello che sta succedendo, altrimenti se le toglierebbe.
Alle mie spalle è seduta una ragazza che mangia in silenzio, troppo silenzio. Sembra una lupa ferita.
Un tizio continua a cambiare posto. Strafatto di adrenalina.
Io conto le sigarette rimaste nel pacchetto.
Ma si può?
Il giardino delle anime perdute accoglie vita, improvvisamente.
Arriva Robert Fisk nel momento preciso in cui stavo pensando a lui e a dove sarà finito questa sera. Ordina (credo) la solita pizza e si siede dove non riesco a vederlo.
Una ragazza secca ma con la pelle lucida di crema-appena-messa si siede a un tavolino. Si aggiungono, per andarsene subito, figlio (ma a quanti anni lo avrà fatto?, è giovanissima) e badante oppure mamma del marito (che in italiano si dice come?, non sono pratico). La ragazza fa partire l'iPad e guarda un video che non vedo ma che riconosco dal volume: il casino di oggi a piazza Ramses al Cairo. La realtà, o una parte di essa o soltanto una sua versione. La ragazza cerca il volume sul tablet, è davvero un po' troppo forte in questo giardino. Con i cancelli dell'albergo chiusi, il ponte levatoio alzato e le guardie sui merli. Guarda come è brutto il mondo fuori. Soltanto, vedi, è il mondo. Così com'è.
Ecco, la realtà è entrata in questo giardino protetto. Un attimo soltanto. La pelle della ragazza manda uno strano e improvviso bagliore, come una lampadina che prende l'elettricità e poi va in corto circuito. Il mondo è ovunque. Hai voglia a tenerlo fuori.
Flash-back: rientrando in albergo, solo come un ometto di cento anni nella notte deserta finisco in un posto di blocco dei militari, in realtà sono loro a vedermi e allora mandano qualcuno che mi urla torna indietro. Documenti e tutto il sacrosantissimo ambaradan di tessere e controtessere rilasciatissime dal ministero dell'info egiziano. Tutto a posto. Tutti gentili. L'unica cosa che noi svizzeri abbiamo fatto agli egiziani è non avere restituito i fondi congelati di Mubarak. Ho praticamente la fedina immacolata. L'ufficiale mi dice: Take care. Ci puoi contare.

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