Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

domenica 5 maggio 2013

Le prove di Carla. E il sacrificio dei caduti.

(c) 2013 weast productions

Vi confesserò una cosa. Sono accese le luci? Sta girando la telecamera? State registrando il suono? Mi sentiiiite? Mi sentono, tutti? Okay, andiamo. 
Ho forti... concreti sospetti che il mio vicino di casa abbia fatto a pezzi sua moglie. Con la scure. Ma non ho ancora prove inconfutabili. Il fatto sembra essere avvenuto nell'appartamento dei due. L'appartamento non lo vedo dalla mia finestra, c'è, in mezzo, la facciata di una casa. Nell'appartamento non ci sono mai entrato, perché il mio vicino non mi ha mai autorizzato a farlo, sarei potuto passare per la cantina, so che è possibile, c'è una finestra rotta e mai riparata, ma ho preferito non provarci. La moglie, invece, mi aveva implorato di andarci a più riprese. Fra i due tirava da tre anni ormai una brutta aria, guerra in casa. Ho fatto, invece, alcuni giri fuori il giardino, senza sporcarmi troppo. Oltre, mai.
Tuttavia, la settimana scorsa ho dato un'occhiata al diario che tiene una mia vicina di casa più vicina al vicino in questione sospettato di omicidio per mezzo scure: è una signora anziana che si fa tutti gli affari possibili, tranne i suoi. Siccome nel quartiere eravamo in apprensione per quella guerra domestica, l'abbiamo ufficialmente incaricata di tenere gli occhi aperti. Sfogliando le pagine del suo diario, al quale ho da sempre un autorizzato accesso, mi sono accorto che l'arzilla vecchietta, parlando con alcuni inquilini fuggiti per troppo chiasso dalla casa nella quale il mio vicino sospettato abita (la vecchietta ha tutto il tempo del mondo), giunge a formulare forti... concreti sospetti che il vicino l'abbia fatta grossa e, scappatagli la mano, abbia esagerato: e giù un fendente con l'ascia.
Crimine. Omicidio. E pensare – pensare – che nemmeno dieci giorni fa tutti nel quartiere – ma dico: tutti, il sindaco della città incluso – pensavano che se un giorno qualcuno fosse stato in grado di compiere un atto scellerato, per dire utilizzare la scure!, questo qualcuno sarebbe stata la moglie. Anzi, si diceva in giro che i sospetti – anche qui – erano concreti e credibili, che esistevano addirittura dei “campioni” (campioni?), insomma, quasi delle prove che ci avesse già provato. E invece no. Vedi come va il mondo. 
Pensandoci bene, appare plausibile che sia stato piuttosto lui, il marito, a utilizzare la scure: con la gente che lasciava entrare in casa, certi ceffi, di un brutto vero, frequentazioni per nulla raccomandabili: stranieri, gente che viene da fuori, eccetera, attaccabrighe e così via. 
Per il momento io, che mi interessavo al mio vicino di casa per i rumori molesti che dal suo appartamento si diffondevano e che rischiavano di togliere il sonno al quartiere, senza, cioè, minimamente pensare all'ipotetico utilizzo della scure, ma così, tanto per tenerlo d'occhio, beh, io, oggi come vi parlo, sono in possesso di indicazioni che dicono questo: se qualcuno, in quell'appartamento, la scure l'ha usata, è stato il marito. Prove inconfutabili, tuttavia, scusate, ancora zero.

Ecco, questa è una (mia personale) interpretazione narrativa dell'intervista che la signora procuratrice Carla Del Ponte, esponente della Commissione d'inchiesta dell'ONU sui crimini di guerra in Siria, ha rilasciato qualche ora fa ai media. Per ascoltarla e vederla, cliccate QUI.

I lettori del Blog conoscono la mia posizione su questa commissione d'inchiesta (sui presupposti) e sulle dichiarazioni che, fino ad oggi, sono state fatte, in particolare dalla signora. Ho preferito, in luogo di commentare la sua intervista, immaginarla – riprendendo però alla lettera alcune frasi – e cambiando  l'ambientazione e i personaggi, insomma lo stile narrativo. Qualcuno potrebbe chiamarlo uno straniamento. Che, spesso, consente di vedere meglio e più in profondità che non passando attraverso una serie di pensieri che poi sono, sempre e soltanto, frutto e figli di chi li produce.
Dell'intervista in questione non mi interessano tanto, questa sera, gli scenari evocati e una infinità di ragionamenti che potremmo ricamarci sopra: mi interessano i contenuti e il linguaggio, l'approccio alla realtà e a questa guerra. Lo stile, diciamo. E quella che chiamo, alle 22 e 42 di domenica sera, l'etica dello sguardo.

Quindi una frase, in chiusura, ma che sia scritta nel granito, o con l'inchiosto indelebile, che risuoni: desidero ricordare, e rendere onore, ai miei colleghi e confratelli giornalisti, fotografi, cameramen, giornalisti-cittadini siririani, che hanno perso la vita in Siria. Per fare uscire dal paese in guerra o portare a casa una testimonianza credibile, seria, anche: umana. Di ciò che sta accadendo, su tutti i fronti, tutti quelli avvicinabili, con o senza autorizzazioni. Hanno pagato questa sfida e questo atto di coraggio con il sacrificio della vita. Onore a voi. 

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