Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

giovedì 14 marzo 2013

Il senso del taccuino.

Sabato nel Senso del taccuino sulla Regione: Una scritta col sangue in un ospedale da campo. Mio reportage dalla Siria. Qui di seguito il (solito) estratto:

C’è un dottore nell’est della Siria che se lo guardi, anche senza chiederglio, capisci che non dorme da una vita.  E’ responsabile di un ospedale da campo, improvvisato dentro una scuola abbandonata. Lavora giorno e notte nel vilaggio di Mohassan, a venti chilometri da Deir Azor, a novanta chilometri dall’Iraq. Per arrivarci mi sono lasciato alle spalle un viaggio massacrante, otto ore buone. Abdulmalik Al Fannag è un chirurgo cardiovascolare che oggi opera di tutto : dai giovani guerriglieri feriti ai civili che non ce la farebbero a raggiungere la Turchia, gli è capitato di occuparsi persino dei soldati regolari, racconta. Non so se è vero, ma  il dottore ha lo sguardo sincero quando lo dice. Lo incontro nel suo ospedale, ma ospedale si fa per dire. Sta cercando di capire se la gamba di un ragazzo colpita dalle schegge di un razzo può ancora essere salvata. 

(c) 2013 weastproductions / gg.

2 commenti:

  1. Caro Gianluca,

    Il Suo articolo come la Sua testimonianza telefonica di ieri sera al telegiornale giungono in tempo per non lasciare la tragedia siriana scivolare nell’oblio, quando non torna alla ribalta solo con la gelida e disumana statistica dei numeri di morti. O quando certi paesi gesticolano per armare i ribelli (e per citare l’ironica domanda di Robert Fisk : “but wich rebels ? The soft, safe ones ? Or those horrible ‘terrorists’ Islamists” ?).
    Ha ragione Lei che la realtà delle Nazioni Unite o dell’Europa è lontana anni-luce di quella del dottore Al Fannad o dai bambini feriti che urlano di dolore.
    Per chi Lo legge o Lo ascolta rimane quel profondo e ripetuto senso d’impotenza davanti all’inumanità della guerra. Mi sono spesso chiesta se e come Lei che ne è testimone riesce a varcarlo, se la mera testimonianza, che a questo punto diventa denuncia, Lo aiuta a sorpassarlo o se a volte intacca la stessa “raison d’être” del Suo lavoro.

    Buon proseguimento a Lei e alla missione che si è dato.

    Take care.

    Donatella

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  2. Ho letto l'articolo in questione.
    Disperatamente grandioso il chirurgo e la sua missione.

    Un po' morbosamente, ho ingigantito l'immagine postata sul mio PC.
    Cosa si vorrà mai fare con un medico che si porta appresso i segni di tanto sfinimento ed una gamba messa in quello stato?

    Forse si fanno i miracoli. Quelli veri.

    Si mettono le mani e non solo, là dove risultano impensabilmente indispensabili.

    Altro che fiumi di strategie e bla-bla di opinionisti ed esperti bellici che sono ospiti solo di se stessi. A rincorrere e a commentare l'ultima notizia che rimbalza da una parte all'altra.
    Sempre scandalizzati, sempre accusatori.
    Sempre seduti.

    Si entra nel conflitto, non si sta sui bordi!

    Si va dentro con le mani come mostra Abdulmalik Al Fannag.

    E intanto la gamba maciullata del signore sdraiato se ne sta ad aspettare che il suo angelo custode possa fare del suo meglio. Fiducioso, ... in fondo ha anche i guanti. Forse l'ennesimo miracolo.

    Per evitare che abbia magari ad andarsene senza alcuna considerazione.
    Per evitare che, simbolicamente, il suo sangue possa trasformarsi in pittura per altri muri.

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