Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

martedì 8 maggio 2012

Tutti fuori. A galleggiare.

(c) weast 2012


Pubblico veloce questa fotografia, per rispondere al post di Stefania (vedi alla voce "Un cuore che fa click"). Stefania mi onora di una citazione di Tiziano Terzani, che in un passaggio di Un indovino mi disse ci spiega, con straordinaria sensibilità, che senza immagini o descrizioni la realtà non esiste. In sostanza che "se non c'è qualcuno che raccoglie una testimonianza, che ne scrive, qualcuno che fa una foto, che ne lascia traccia in un libro, è come se quei fatti non fossero mai avvenuti". Quei fatti uguale a tragedie, guerre, ma, aggiungo io, anche gioie, amori, eccetera.  Diverso il mio sguardo. Sono convinto che ogni immagine, ogni fotografia, ciascuna descrizione affidata a un libro o a un articolo esprimano non soltanto ciò che vediamo ma anche ciò che non possiamo vedere in quell'istante. Ogni immagine, se è immagine del mondo ma anche di chi il mondo lo coglie e di chi lo prende in consegna guardandolo, rivendica il diritto di diventare immagine di tutte le realtà che immagine/i non sono diventate. Ciò che non è stato colto (raccontato) esiste nella necessità o nell'urgenza di essere mostrato (o raccontato) nel momento stesso in cui a essere mostrato (o raccontato) è qualcosa d'altro. Come in questa fotografia. Mostra un'automobile (in un paese arabo) con dentro, appeso allo specchietto, un alberello magico. La fotografia è completa e incompleta. Completa perché racconta la straordinaria passione degli arabi per queste fonti di essenze che-ti-fanno-una-testa-come-un-pallone. E incompleta perché esprime l'assenza dell'autista. Che vorremmo vedere. La sua assenza, così evocata, è pero' in parte già raccontata. L'assenza dell'autista, non celata, non dissimulata, esprime la sua esistenza. In questo senso non credo che ciò che non mostriamo o non raccontiamo non esiste. Esiste nella consapevolezza che il mondo non si racconta mai abbastanza. E quindi anche come denuncia di ciò' che si sceglie di ignorare. Esiste come assordante invito a chi il mondo lo racconta per mestiere a spaziare, viaggiare, curiosare, inventare, alzarsi il mattino con la voglia di uscire di casa e scoprire questa meravigliosa palla galleggiante nell'universo e colma di sorprese. Fosse per me (devo averlo già scritto da qualche parte) chiuderei tutte le redazioni del mondo. Tutti fuori. A galleggiare. 

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