Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

lunedì 2 aprile 2012

Apologia dell'inquietudine/3


Ecco la terza puntata del racconto che fra i lettori del blog sembra stia riscontrando un grande successo. Complimenti al lettore che me lo ha inviato.


- Pronto?
- ....
- Hallooooo?
- Mmm....humhhumhum....
- Tre, due, uno e appendo!
- No, aspetta! Ciao, sono io...
- Tu? Uuuuuuu? Da dove sbuchi, da un tombino?
- Ascolta, L(biiiip), sono stato in giro, per lavoro. E ti sono stato alla larga. Per quello che sai.

Miles Davis, in sottofondo, nell'appartamento di L., ormai un acquario dei sensi, dava sfogo a una poesia di note che graffiava i polmoni e faceva dire al cuore che andava bene cosi', tutto quello che nella vita ti era fottutamente capitato, andava bene, persino quello che era andato storto. Tutto. Bene. Grrrrrr. Grazie. Grazie, vita. Il dolore. Il piacere. I rimpianti. I conti che non tornano. Che non sarebbero comunque tornati. Mai. Possibile che questo trasparente equilibrio imbevuto di fatalismo e JackDaniels dovesse sfumare, proprio adesso? Ooooo?

- Come va? Come va v-e-c-c-h-i-o f-e-s-s-o?
- Io... Io sto da bestia. Io...
- Si', io, io,io.... Lo conosci un altro pronome? L'hai mai conosciuto?
- Sono entrati!

Miles aveva perso il fiato. Improvvisamente aveva donato i polmoni, a chissà chi. A chi? Silenzio. No: oltre il silenzio. Era, invece, un rumore di sottofondo pazzesco che il silenzio te lo faceva rimpiangere. Un silenzio bianchegrigio. I quadri, nell'appartamento di L., avevano perso i colori, le pareti avevano perso profilo. L. aveva perso la certezza che gli fosse andata bene, quella sera. Ora ne era certo: ricominciava tutto, da capo. M-a-k-r-i-s-t-o-s-a-n-t-o, è mai possibile? Lui che aveva trascorso la vita a guardare in faccia le cose, lui che aveva sempre detto la verità, in faccia a tutti, persinoaifessi, persinoaifessiglielavevadettalaveritàchesonofessiepunto. E allora ti prego Dio dei solitari vieni in soccorso di questo piccolo birillo che se ne sta solo di fronte a una saettata di vento che spazza via persino i piloni dei cavalcavia. Miles Davis si era definitivamente congedato. Aveva fiutato puzza di guai, spessa quanto la pelle di un ippopotamo. In fondo all'abisso dondolava un cappio bianco scintillante. Miles: la tua musica. La tromba era ancora li', nell'angolo fra la libreria verticale rotante e f-i-r-m-a-t-a e il tavolino con le riviste di fotografia. Fotografia, NON sport! Smorta come una morta. Smorta come il portafortuna di uno sfigato. Buona a nulla. Ormai. Un organo che ti strappi per quanto vitale e poi te lo stai a guardare mentre ti rimprovera: avresti potuto non farlo! Ma se l'hai fatto, se l'hai fatto....

- Sono entrati!
- Quando?
- Tut...tut...tut....

Il telefono aveva tirato le cuoia. La batteria aveva fatto testamento da anni. Il campo se l'era data a gambe. Solo era rimasto. E solo avrebbe dovuto affrontare l'abisso spalancato davanti alla sua esistenza (ai suoi piedi) da quel buono a nulla di un suo amico di vecchia data. Vecchia ma non cancellabile. Purtroppo. (3/continua)

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