Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

lunedì 24 ottobre 2011

Il manichino e la guerra

(c) 2011 weast productions / Un negozio di moda a Città di Gaza.
Credo esista, oggi, una sola persona in grado di ridere e di far ridere a Gaza. E' Hussam, il pompiere: se ne va in giro con una gamba artificiale (la destra), che tempo fa gli era stata fatta in Svizzera, grazie a un'iniziativa che aveva fatto parlare di sé. La sta usando al meglio: ha comprato un "tuck-tuck", a bordo del quale va a trovare amici, altri amputati (li fa ridere), sua moglie, la famiglia. Al lavoro non ci va più, gli hanno fatto capire che non serve e che non lo vogliono: hanno continuato a cambiargli di posto, come un sacco inutile, pieno di roba inutile. La protezione civile (i pompieri) per i quali lavorava e per i quali ha perso una gamba, spappolata dalle schegge di un missile israeliano, si sono scordati di lui. Eppure, Hussam è capace di sorridere. E di farci sorridere. Ieri mi ha raccontato della volta in cui ha soccorso un manichino. Gennaio 2009, la guerra nella Striscia impazza. L'unità dei pompieri soccorritori della quale fa parte Hussam viene chiamata nell'est di Città di Gaza, dove, spiega una voce concitata al telefono, è stato colpito un edificio. Giunti sul posto, i pompieri si separano alla ricerca di feriti, ce ne sono parecchi. Per strada, Hussam scorge un corpo imbrattato di sangue. Giace per terra, immobile, proprio davanti a un negozio di vestiti, sventrato dall'esplosione. Nell'aria, raffiche di mitragliatrice e atre esplosioni. Hussam non ci pensa due volte, solleva il corpo, lo mette su una barella e lo trasporta dentro l'ambulanza. Durante il tragitto all'ospedale, lo stesso Hussam pratica il massaggio cardiaco al corpo senza vita. Davanti al pronto soccorso dell'ospedale principale di città di Gaza gli infermieri sono in attesa, è un andirivieni di ambulanze. Scaricano la barella di Hussam e corrono verso la prima unità medica disponibile. Mentre spostano il corpo dalla barella al lettino, ecco che improvvisamente una gamba si stacca, poi un braccio, poi l'altra gamba, poi la testa. Una donna, in ospedale per attendere notizie di suo marito, ferito in un altro bombardamento, vedendo la scena si mette a urlare, presa dal terrore. I medici, attorno al letto, se ne stanno con gli arti in mano, guardandoli increduli e senza capire. Hussam, nella fretta, non si era accorto che aveva soccorso e poi trasportato in ospedale, tentando di rianimarlo, un manichino di plastica. Volato fuori dal negozio di vestiti colpito dalla bomba israeliana.  Hussam raconta questa storia - e giura che è vera, io ci credo - ridendo e distribuendo pacche sulle spalle al gruppo di amici che lo ascoltano. E' una risata che contagia tutti. A Gaza, grazie a Hussam, si riesce ancora a ridere.

4 commenti:

  1. Torno a casa ora dopo una luuuunga giornata piuttosto pesante, leggo questo racconto, e mi ritrovo a sorridere, la sua risata è arrivata fino a qui...ringrazialo da parte mia con un bel abbraccio
    Xenia
    P.S.per quel che riguarda le sorprese, diciamo, che è un argomento, che mi ha un po' scombussolato: urge riordino di idee e sensazioni.Certo, che mettersi in difficoltà con una pensata è il massimo...

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  2. La disperazione che diventa umana ha delle espressioni strane,quasi inverosimili, come una risata nel mezzo della tragedia. E se una risata aiuta, ben venga!
    Ben tornato, Hussam dalle nostre parti, condividendo questo racconto!
    Un saluto bello, Sabrina

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  3. Caro Gianluca,

    Di ritorno dopo qualche giorno di assenza, ritrovo la storia di Hussam che avevo a suo tempo seguita da lontano. Anch’io penso che ciò che racconta sia vero: le guerre tengono spesso in riserva questi aneddoti completamente surrealisti. Ma anche se non lo fosse, non importerebbe nulla, perché ridere è cosi eversivo, un’arma (questa volta nel senso positivo della parola) straordinaria.
    Mi dispiace pero che Hussam sia considerato come un “sacco inutile”, dimenticato dai suoi ex-compagni di lavoro, quando lui venne minorato compiendo il suo dovere. Spero sinceramente che potrà di nuovo essere “utile” all sua gente.
    Buon proseguimento a Lei e a presto.

    Donatella

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  4. Descrivendo una fotografia, una prima osservazione.
    Questa foto è a colori, quindi, piena di dettagli da osservare, una scena piena di vita.
    In bianco e nero, quindi un po' triste, distante, piena di ricordi, poco attuale.
    Partendo da questo presupposto ho osservato immagini, fotografie, piccoli ritagli di vita e tempo. Ho voluto fotografare le stesse cose, a colori ed in bianco e nero, per vedere l'effetto che mi avrebbe suscitato.
    Il risultato: una grande confusione di stati d'animo, per cercare di capire il perché di questi grandi cambiamenti di percezione.
    Probabilmente, è la stessa differenza che c'è fra una giornata di sole ed una grigia e coperta.Ciò che non concepivo però è, che a me queste giornate coperte, piacciono moltissimo, perché riescono a farmi osservare dettagli che con una luce più intensa non avrei notato.
    Poi, sono tornata ad osservare, le tue fotografie di guerra e di vita. Osservandole, mi rendo conto in modo diverso. Hanno sempre la capacità di catapultarmi nel contesto ma con una differenza: io avrei notato e scattato le stesse emozioni???
    È contorto lo só, ma interessante.
    Altra cosa interessante. Se penso alla guerra in generale la immagino sempre senza colori: mi pare impossibile che in quel periodo ci possa essere stata, una giornata di sole, eppure ci saranno state, ci sono.
    Tutto questo forse è un lavoro automatico che la mente svolge, per non essere fuorviati per non lasciarsi colpire da fattori che poco c'entrerebbero in quel contesto. Ma è comunque fuorviante nel senso che rende tutto un po' più lontano.
    Per i volti il discorso è totalmente diverso.
    C'é una mostra interessante all'ospedale a Bellinzona:"te lo leggo in faccia". Sono delle gigantografie di un volto in bianco e nero, colto in varie espressioni.Sotto in un angolo, la percentuale di felicità rabbia, dolore ed altri stati d'animo: perché sí, ce lo si legge in faccia.
    Questo è ciò che sono riuscita nel mio caos mentale a riordinare a dare una via...
    Il tutto è nato dalla mia voglia di trovare sempre il lato o un lato positivo. Allora, osservando una fotografia, mi sarebbe piaciuto poter cancellare una lacrima e disegnarne un sorriso...ci stó sempre pensando, in tutti i sensi.
    Buon lavoro Gianluca.
    Xenia

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