Raccontare


SPAZIO ALLE STORIE CHE NON SONO STATE RACCONTATE ALTROVE. ALLE PERSONE INCONTRATE E RIMASTE SUL TACCUINO. OPPURE A QUEI PENSIERI CHE MI PASSANO PER LA TESTA VELOCI COME UNA PALLOTTOLA: SE NON LI FERMASSI, LI PERDEREI.

sabato 7 maggio 2011

Va di fretta...

Sfreccia davanti ai miei occhi preso da una gara con se stesso. E con i quattordici piani dell’albergo nel quale alloggio, in questa parte dell’est della Libia. Dove alloggio io e alloggia lui.  Il giornalista maratoneta. L’uomo fionda.  Sono le 6 e 30 del mattino, scendo per un caffè. Solitamente non vedo nessuno, troppo presto. E invece, questa volta, eccolo.
Scarpette da corsa, tuta attillata sul corpo e fascia attorno alla fronte.  Sta salendo le scale d’emergenza, quelle che normalmente si prendono in caso di incendio.  “Good morning”, oso buttare là. Non mi saluta, non ha tempo da perdere. E’ sudato, affannato, motivato.  Quante volte se le sarà fatte questa mattina queste scale? E quante volte dovrà farsele ancora prima di essere soddisfatto, di avere raggiunto il suo obiettivo?  E’ americano, lo capisco dalla t-shirt che indossa. Fra poco, dopo la doccia, inizierà la sua giornata di lavoro. Di corsa, anche quella.  Essere allenati serve a scappare più in fretta, quando la situazione si fa critica. Mentre scompaio nell’ascensore ho però ancora il tempo di pensare che anche la lentezza fa parte del nostro lavoro di giornalisti. La lentezza dello sguardo. Lentezza come tempo che riserviamo agli altri di cui raccontiamo la vita. Poi scompare anche lui. Il maratoneta indiavolato.

1 commento:

  1. Il maratoneta che si sente rincorso, perde il ritmo. Rischia di non avere la mente lucida a pochi passi dal traguardo, rischia di non vederlo e, dunque, di non poterlo raccontare. R.

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.